Quando le cose vanno bene: analisi "terminabile" o "interminabile"? Le interruzioni e le conclusioni in psicoanalisi


Pubblicato: 31 agosto 2019
Abstract views:
624


View on FrancoAngeli:
0
Publisher's note
All claims expressed in this article are solely those of the authors and do not necessarily represent those of their affiliated organizations, or those of the publisher, the editors and the reviewers. Any product that may be evaluated in this article or claim that may be made by its manufacturer is not guaranteed or endorsed by the publisher.

Authors

I criteri per la valutazione della conclusione del percorso analitico erano già stati trattati da Freud (1937) in Analisi terminabile e interminabile. Nei decenni successivi, con il cambiare dei presupposti teorici e poi con le nuove acquisizioni nel campo dell'Infant Research, che pone l'interazione caregiver-bambino come fondante nella co-costruzione della personalità di quest"ultimo, si è reso necessario ripensare l'argomento. Ciò può essere di grande aiuto allo psicoterapeuta, soprattutto in caso d"interruzione dell'analisi. Difatti, anche se l'esperienza di percorsi terapeutici non andati a buon fine può portare l'analista ad una riflessione a posteriori su ciò che è accaduto durante il percorso terapeutico, è indubbio che ciò potrebbe causargli un senso di disistima ed inadeguatezza (Paradisi et al., 2015). Per tale motivo può essere importante dare il giusto peso alle esperienze di interruzione e conclusione precoce, non soltanto da un punto vista della matrice relazionale tra paziente ed analista (valutando gli elementi che hanno inciso negativamente nello sviluppo della relazione terapeutica), ma considerare anche le aree di non analizzabilità del paziente stesso. Difatti, ogni paziente ha la sua "roccia basilare" (Cooper, 1991) che non sempre riesce ad essere accessibile ad un"esplorazione psicoanalitica. Ciò non significa che questa "roccia" non sarà mai affrontabile, ma che il paziente potrà farlo successivamente, riprendendo la terapia oppure potrà farlo autonomamente. Ciò dipenderà soprattutto da quanto il percorso analitico sarà riuscito ad attivare una fase post-analitica, nella quale il paziente continuerà ad esplorare le sue modalità mentali ed affettive di funzionamento. Tutto ciò porta, quindi, a considerare l'analisi interminabile, dal momento che non è tanto importante quanto sarà stato di-svelato nella fase terapeutica con l'analista, quanto invece ciò avrà aiutato ad attivare una fase post-analitica che contribuirà alla perenne autoanalisi del paziente.


Rapisarda, F. (2019). Quando le cose vanno bene: analisi "terminabile" o "interminabile"? Le interruzioni e le conclusioni in psicoanalisi. Ricerca Psicoanalitica, 29(3), 69–87. https://doi.org/10.4081/rp.2018.113

Downloads

Downloads

I dati di download non sono ancora disponibili.

Citations